TESTIMONI: FILOMENA D'ARCO SCHIANO

Filomena D'Arco Schiano (1920-2015)

 Filomena D'Arco è nata nel 1920; ha vissuto gli anni del confino e ne ha un ricordo nitido.
Raggiungeva la scuola elementare insieme alla sorella Maria; c'era sempre un adulto ad accompagnarle perchè nella zona della Parata vivevano alcune prostitute e non era raccomandabile che le bambine la percorressero da sole. 
Adesso, seduta nella sua bella casa sulla Dragonara, indica con sicurezza i luoghi circostanti: "Nella casa di X abitò il confinato Y, a fianco alla casa di W c'era una mensa". Io scuoto la testa, Filomena sospira e si alza.


I testimoni del confino ti affidano ricordi, fotografie, documenti, però esigono precisione e chiarezza. Genoveffa D'Atri, ad esempio, prima di rispondere alle mie domande mi mette davanti un blocchetto, una penna e sottintende: "Prendi appunti!". Stiamo parlando della storia di Ponza, non sono ammesse ricostruzioni fantasiose, ad uso del turista. Così Filomena, che ha novant'anni ed energia da vendere, sospira, si alza dalla poltrona e ordina: "Andiamo!"


Passiamo davanti al pino, al centro della piazzetta Dragonara. 
"Qui, nella casa della famiglia di Antonietta, moglie di Adalgiso Coppa, abitò il duca Camerini. Aveva una cuoca toscana, una bella signora dai capelli bianchi. Mi diede la ricetta della pizza di cavolfiore.  Questa casa sgarrupata era una mensa. Di fronte, su questa striscia di terra, i confinati si sdraiavano a leggere il giornale, a prendere il sole; la chiamavano "il prato della miseria".



- Una volta stavo pettinando mia nipote Civitina, che aveva una bella massa di capelli ricci. Eravamo alla finestra della casa di mia sorella Maria, sul corso. Mentre intrecciavo un  nastro rosso tra i capelli della bambina, ci pombarono addosso le donne di casa, terrorizzate; chiusero le tende, mi rimproverarono: "Filome', sì asciuta pazza? Vuoi farci passare un guaio con i militi? Penseranno che il nastro rosso sia un segno di simpatia verso i confinati!". Ecco, così vivevamo negli anni del confino. 

-Ricordo Torrigiani, il capo della Massoneria: un signore distinto, riservato, che abitava in una delle prime case di via Corridoio e aveva un balconcino che affacciava sopra la trattoria di Silverio Mondiale (La Lanterna). I militi si mettevano sotto al balconcino e cantavano: "Con i baffi di Torrigiani /ci faremo spazzolini/ per pulire gli stivali/ di Benito Mussolini". 


Rita Morrone davanti alla casa rosa in cui abitò Giorgio Amendola. 

Mentre Filomena rievoca, si avvicina Rita Morrone. Dietro promessa di non scattare fotografie, aggiunge un suo ricordo: "Abitavamo vicino al duca di Camerino*; io, mio fratello e mia sorella giocavamo nella corteglia, spesso si aggregavano altri bambini. Il duca ci osservava. Capì che ero una bambina sveglia e propose a mio padre di farmi studiare a sue spese; mio padre rifiutò. Vieni, ti faccio vedere la casa in cui abitò Giorgio Amendola; la moglie era francese."
Silverio Lamonica aggiunge: "Si chiamava Germaine Lecocq ma mia suocera, proprietaria della casa, la chiamava Germania"
Nei documenti dell'Archivio Centrale di Stato, Germaine Lecocq è "Germana". 

*Anche in qualche testo di storia locale Luigi Silvestro Camerini è indicato col titolo di "duca di Camerino".  

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