Amori sconfinati

 

Tina Pizzardo (1903-1989) in una foto del 1930 inviata a Maria Spinelli; sul retro, la dedica "Alla mamma di Altiero, quella che con lei aspetta e spera"

Roma, marzo 1926. Battistina (Tina) Pizzardo, ventitrè anni, torinese, è a Roma per partecipare al concorso a cattedre nei licei; qualche mese prima si è laureata in Matematica. Tina, antifascista e comunista, prende contatti con i compagni della capitale; conosce Altiero Spinelli, diciannovenne studente di Giurisprudenza, comunista militante. Si innamorano. Tina è ben accolta dalla numerosa tribù Spinelli.

Non è solo la fede politica a unire i due giovani; molti anni dopo lui scriverà:
Tina era consapevole di quel che c'era di serio nell'adesione al partito, ma era ben decisa a conservare per sè la parte più personale del proprio animo, le amicizie, le letture di romanzi francesi e dei poeti, il gusto per le cose belle.

Altiero Spinelli è condannato a sedici anni di carcere; da ottobre 1926 Tina insegna a Grosseto e svolge attività politica ma, a settembre del '27, è condannata a un anno di carcere e tre di libertà vigilata, subisce l'interdizione dai pubblici uffici. Uscita dal carcere, torna a Torino. Di tanto in tanto ottiene il permesso di poter visitare Altiero in carcere ma il rapporto prosegue prevalentemente per via epistolare, non senza difficoltà; lui inoltra numerose richieste di poter corrispondere con la fidanzata, talvolta riesce ad aggirare i dinieghi delle autorità comunicando attraverso amici fidati o i familiari di lui, infine Altiero e Tina si risolvono ad avviare le pratiche per il matrimonio in carcere in modo da ottenere più facilmente i permessi.
Tina frequenta gli ambienti dell'antifascismo torinese, dà lezioni private, va a sciare e in piscina. Alcuni decenni dopo scrive nell'autobiografia, da cui sono tratti tutti i brani che seguono:
Alzandomi alle cinque, coricandomi dopo l'una di notte, con la scuola delle suore a Ivrea, la scuola serale in fondo a via Nizza, i bambini Nasi in via Principe Amedeo e infine gli allievi privati, riuscivo a impartire dieci-dodici ore di lezione al giorno e a correggere i compiti.
Tina ha tanti corteggiatori ma sa come cavarsela. Durante un viaggio in treno conosce un giovane, simpatizzano, lui le chiede di restare in contatto, lei in quel periodo è direttrice di una colonia a Igea, gli consegna un biglietto da visita con nome, indirizzo, attività lavorativa; il giovane le scrive, lei risponde con un dattiloscritto dal tono severo in cui si finge anziana, arcigna direttrice di colonia a cui una giovane dipendente ha sottratto un biglietto da visita e l'ha utilizzato per uno scherzo di dubbio gusto. Altiero, in carcere da cinque anni, resta il fidanzato ufficiale. Fino al 1933.

Uno dei più ari amici di Tina è Leone Ginzburg; lei gli parla di tutto quello che le passa per la mente, dalla filosofia alla scelta di un cappellino, dai ricordi d'infanzia ai problemi quotidiani; Leone racconta dei suoi amori, degli amici, senza fare nomi ma con accenni vaghi e frequenti. Se Tina confessa che avrebbe bisogno di un amico con cui limitarsi a prendere un caffè, Leone replica che conosce un tale che passa le giornate al caffè scrivendo poesie, peccato che sia un gran misogino. Lei ama le colline? Guarda caso, l'amico di Leone scrive splendide poesie su tale tema ma non le fa certo leggere alle donne, che disprezza; lo stesso vale per il Po e per mille altri argomenti. Insomma, Leone Ginzburg sa come vendere la sua merce incuriosendo, ingolosendo. L'amico misterioso si chiama Cesare Pavese.

Pavese offre a Tina la più stimolante delle sfide: riuscire dove tutte le altre donne hanno fallito. Trent'anni dopo Tina scrive:

Dopo Altiero per la prima volta trovavo un uomo che aveva tutti i pregi: intelligenza, cultura, carattere, prestanza fisica, ma lui era un poeta mentre Altiero mi rimproverava sempre di interessarmi più di arte che di filosofia. Adesso aggiungo: e, più di Altiero, Pavese aveva in dispregio le donne. 

Pavese è colto, imprendibile, misterioso, affascinante ma commette un passo falso: si innamora perdutamente di Tina, la implora di sposarlo, minaccia il suicidio se lei rifiuterà. Lei intanto conosce Herek, giovane ingegnere polacco, ebreo, ancora più affascinante e imperdibile perchè impegnato con un'altra donna. 
Inutile che continui, è una storia vecchia: il cuore può dividersi con alterna sincerità tra un amore che ti dà solo tristezza, eppure è il solo che conta, e un amore che ti fa sentire giovane bella, ineguagliabile.

Altiero Spinelli è ormai relegato sullo sfondo di una vita sentimentale movimentata e affollata; Tina non vuole troncare la relazione mentre lui è in carcere.
Mi ero promessa di assisterlo sino alla sua liberazione; solo allora lo avrei, con fermezza, lasciato. (...) Più di tutto mi dispiaceva non poter affronatare Altiero a tu per tu e spiegare a lui ciò che a me pareva tanto chiaro, logico, giusto. Gli avrei detto: Ho rinunciato a te perchè voglio il tuo bene e un giorno me ne sarai grato. La finzione del fidanzamento che ci permette di scriverci, vederci, devi accettarla come una forma di soccorso rosso. (...) Continuavo a mandargli lettere sbrigative e amichevoli. Qualche volta tornavo a rivolgere il mio pensiero a lui come al solo capace di mettere ordine e pace nella mia vita affannosa, e allora mi lasciavo andare sino a scrivergli "quando uscirai dal carcere decideremo della nostra vita secondo il grado di amicizia e di amore che ci sarà tra noi."
Un aiuto a mettere ordine nella vita amorosa ingarbugliata lo dà, involontariamente, la madre di Altiero, che accusa Tina di stare rovinando le vite dei figli Altiero e Veniero, a sua volta divenuto militante comunista. In una lunga lettera Tina, con modi garbati e rispettosi, respinge le accuse e si dice disposta a farsi da parte. Per poter corrispondere con Altiero, Tina usa il recapito di Pavese; vengono scoperti nel corso di un'operazione di polizia che coinvolge il gruppo torinese di Giustizia e Libertà: Tina finisce in carcere, Pavese è mandato al confino a Brancaleone Calabro.
Nel 1936 Tina sposa Herek; lo comunica ad Altiero ma il direttore del carcere non consegna la lettera al detenuto, che apprenderà la notizia molto tempo dopo dalla sorella Azalea. La relazione tra Tina e Pavese riprende dopo il matrimonio di lei; si conclude nel 1937. Tina è stata per Cesare Pavese la donna dalla voce roca che ha ispirato i verdi di Lavorare stanca. Pavese si suicida nel 1950.






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