Giardinieri al confino



Al centro della foto il giardino Camerini, con muro di cinta e pilastri bianchi

Sandro Pertini, oramai deputato, scrive all'amico Luigi Sandolo e gli chiede di spedirgli dei bulbi; gli raccomanda di indirizzarli a Montecitorio, in tal modo evitando le spese postali.
Del pollice verde di Pertini scrive Camilla Ravera:

“…mi sistemai in una stanza a cui si arrivava con una breve scaletta esterna, di pietra, e che aveva a lato una terrazza affacciata su piccoli orti.[…….] accanto a me abitava Terracini. Dalle nostre terrazze vicine, senza vederci, potevamo salutarci e scambiarci reciproche notizie. A breve distanza era alloggiato Pertini: anche lui disponeva di una terrazza, e ne aveva fatto un giardino, coltivandovi con cura amorosa, in bei vasi di coccio, molte pianticelle fiorite. Me ne regalò subito alcune, con le quali anch’io, come Terracini, avviai il mio giardinetto sulla terrazza. Fra Pertini e Terracini nacque, in quel campo, una vera gara.”

La Ravera descrive in dettaglio le sue coltivazioni:

E io me ne sto al sole sulla mia terrazzina, che sembra ora un giardinetto; vi ho molte piante; garofani, gerani, violacciocche, calle, rose, capelvenere; e un limone; e delle piante grasse che fanno dei fiori straordinariamente belli e strani; e un agave. Mi fan compagnia, insieme a una gattina che ha incominciato a farmi qualche visitina, e poi a poco a poco è diventata di casa e s’è fatta molto bella, lucida e graziosa.”

Terracini e la Ravera abitano alle spalle dell'attuale ufficio postale, la casa di Pertini si trova di fronte, nell'edificio che diverrà il Piccolo Hotel Luisa; tra loro, la spianata della Padura occupata dai "piccoli orti". 
Pertini, Terracini e Ravera lasciano Ponza nel 1939, trasferiti a Ventotene; ad ottobre del '42 giunge Luigi Silvestro Camerini. La casa che affitta è situata un poco più in alto, sulla Dragonara; anche Camerini è colpito dalla distesa ordinata di orti della Padura; li definisce "piccoli campielli surrealisti."

Camerini, nobile, ricco possidente terriero che, probabilmente, mai ha preso in mano un rastrello prima d'ora, si dedica all'allestimento del giardino; realizza capitelli in pietra, aiuole, scrive orgoglioso di aver piantato il suo primo carrubo. E' particolarmente soddisfatto del gazebo, i cui pilastri sono tuttora visibili; la piccola Amelia Cuono lo ammira estasiata quando si reca dal duca con una cesta d'uva e fichi,  che i familiari inviano  in segno di riconoscenza; è grazie all'interessamento del duca che Vinicia, sorella di Amelia, è entrata in collegio a Roma e prosegue gli studi. Seduta sotto al pergolato, Amelia gusta la fetta di torta preparata da Tina, la cuoca-governante del duca.
Anche Camerini, a distanza di qualche anno dalla conclusione dell'esperienza di confino, chiede all'amico Adalgiso Coppa di spedirgli semi di uastaccette che vuole piantare nel suo giardino di Lacco Ameno.


I uastaccetti di Ponza nella baia di San Montano a Ischia

Tito Zaniboni, anziano e piegato da tanti anni di carcere, coltiva un orto nel piccolo appezzamento di terreno annesso alla sua abitazione (oggi studio del medico Isidoro Feola). 

Germaine e Giorgio Amendola dispongono di un balconcino minuscolo, non potrebbero tenervi vasi; lei, pittrice dilettante, raccoglie posidonie stracquate e ne fa pennelli; tanti anni dopo, oramai anziani, gli Amendola tornano a Ponza e lei riprende la raccolta, sulla spiaggia di Frontone.


Giorgio e Germaine Amendola (al centro) con i fratelli di lui

Se scrivo di giardini, di gazebo e di torte, non è certo per avvalorare la tesi che i confinati vivessero una spensierata villeggiatura;  tesi che, proposta per la prima volta dal ministro fascista Bocchini, viene di tanto in tanto ripresa da buontemponi nostri contemporanei. 
Piantare un seme, fare una talea, interrare un bulbo sono scommesse con il tempo, gesti di ottimismo e di fiducia nella vita; nessuno di noi sa dove sarà, se e quando le piantine produrranno i primi fiori. Ci saremo, la prossima primavera? Saremo qui? Chissà ... intanto potiamo, interriamo, trapiantiamo.


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