Bestiario ponzese a Procida

 





Silverio Montella, Pippo, Vito



Ormisda, Antonio, Vito




La cattura degli uccelli, nata da necessità alimentari, sembra scritta nel patrimonio genetico dei ponzesi; tuttavia, il pettirosso scampato alla strage dei crastechi ha insinuato in Vito 'u Lupo Vitiello qualche dubbio e una famigliola di merli distruggerà definitivamente abitudini ataviche.





Pippo e Augusto 

Nel giardino di Pippo

-Era un sabato di primavera, in genere facevamo filone a scuola e andavamo a casa di Pippo; suo padre e sua sorella mi trattavano come uno di famiglia. Il padre di Pippo ci faceva trovare una bella tavola apparecchiata sotto un albero di limoni, c’erano vino, verza, sale, lupini e, ovviamente, bei limoni. A stomaco pieno, prendevamo il fucile e andavamo a sparare qualche colpo sul “Pulpito”. Cercavamo nidi di merli. Ne trovammo uno con due merli abbastanza grandi, mettemmo il nido nella gabbia trappola e tornammo a sera. Non trovammo i due merli grandi in gabbia ma notammo che i piccoli avevano mangiato: evidentemente i pulcini avevano ricevuto il cibo attraverso le sbarre. L’indomani ripetemmo l’operazione con accorgimenti opportuni; prendemmo prima la femmina e, il giorno dopo, il maschio. Quei due, pur sapendo di essere in pericolo, avevano dato da mangiare ai loro piccoli! Mettemmo tutta la famiglia in una gabbia grande, comprammo del mangime, li nutrimmo ma morirono tutti, i genitori  rinunciarono ad imboccare i piccoli. Tornato a Ponza, per prima cosa distrussi le mie centocinquanta trappole. Da allora, non sono mai più andato a caccia. 

Giuseppe Morlè (quarto da destra, con i fiori) e compagni

Il ricordo di Pippo è presente in tanti racconti. Giuseppe Morlè, a Procida dal 1977 al 1981, racconta:
-Sono sempre stato alla pensione Savoia, sotto la guida di Domenico Scotto di Fasano, per noi tutti Pippo. Si dava da fare per noi, dall’iscrizione sino al diploma. Pippo era il cameriere del Savoia ma, in realtà, era quello che muoveva tutto, lì dentro. Spesso è venuto a Ponza, nostro ospite Ho passato a Procida anni bellissimi, pur duri, che mi hanno fortificato facendomi affrontare ogni situazione. Ho frequentato una comitiva di ragazze a dir poco meravigliose: Marianna, Mena, Silvia, Archina, Giuseppina e tante altre… Ricordo le passeggiate, le sere  giù alla Marina insieme a Mario Pesce, lui strimpellava la chitarra e noi cantavamo.

Giuseppe Morlè conclude:

- A Procida ho passato gli anni migliori della mia vita. Dopo il diploma ho fatto il militare in Marina, poi mi sono arruolato nella Guardia di Finanza di mare, sono diventato sottufficiale, sono rimasto in servizio per trentotto anni. Adesso, in pensione, vivo a Formia ma vado spesso a Ponza, a trovare mio padre. Ho prestato servizio in Puglia per molti anni, poi sono tornato nella zona del Basso Lazio. Capitavo spesso con la motovedetta a Procida; allora scendevo a terra per cercare di ritrovare qualche compagno di scuola o qualche ragazza che avevo frequentato; rivederli dopo tanti anni era sempre una grande emozione. Soltanto un isolano può capire un altro isolano; noi ci siamo sempre capiti, io ritengo Procida il prolungamento di Ponza. 


I ragazzi ponzesi si erano integrati a tal punto che, talvolta, ai loro camponi (furto di agrumi nei giardini) partecipavano anche i coetanei procidani. Altrettanto bene si è integrata la splendida camelia che, nata da una talea prelevata dal giardino di Mimì a Procida, da oltre quarant'anni fiorisce nel giardino di Vito 'u Lupo a Le Forna.

Vito aggiunge:

-Ricordo con piacere i tempi di Procida, un pensiero particolare va a tutti i procidani che ci hanno sopportato e supportato. Un bacio particolare a Carmela, alle signorine, a Rosaria, a tanti altri …

Giuseppe Morlè (primo da destra) e compagni


Le Forna- camelia nel giardino di Vito, nata da una talea di una pianta alla pensione Savoia di Procida

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