Vale più un pescetiello a Procida e a Miseno ...

 … che un pesce grosso a Ponza e a Ventotene… 



Così brontola Aniello nel romanzo Memorie di Amalie pubblicato nel 2010. Lo cito e inserisco il video (di Rossano) di una presentazione itinerante perché nel testo è presente il tema dell’istruzione, e dell’istruzione nautica in particolare; il libro è da tempo fuori commercio, pertanto non c’è alcun intento promozionale.



Aniello vive a Ponza nella seconda metà del Settecento, le notizie che arrivano dalla terraferma lo sconfortano: nelle altre località si aprono scuole nautiche in cui  s’insegna a leggere e a scrivere, si apprendono lingua italiana, aritmetica, geometria, sfera, navigazione, geografia e bussola. Aniello non sa scrivere però disegna molto bene e costruisce splendide barche; teme che i suoi figli restino ai margini di una società che si sviluppa rapidamente. Amalia, la donna che sposerà, è più ottimista: assiste alla costruzione del porto di Ponza e intuisce che l’esistenza sua e dei compaesani muterà. Le belle case del Porto non sono destinate ai ponzesi, Amalia si intrufola nelle abitazioni dei militari e dei borghesi a cui sono state assegnate, osserva, ammira, capisce che qualcosa sta succedendo. Il confronto tra il porto in costruzione e le regge che si costruiscono in terraferma (di cui ha visto alcuni disegni) è tutto a favore del primo, perché le regge e i palazzi non hanno mutato l’esistenza di chi li abita. Il porto, invece: “La cosa bella di questo porto è che per le scale saliamo e scendiamo noi, con le nostre pezze, con gli zoccoli ai piedi; ai muretti del corso si appoggiano Amalia, Aniello, Cenzino, tutte le persone che hanno voglia di uscire di casa, scambiare quattro chiacchiere, interessarsi a quel che accade… senza questo porto, senza questi muretti, cosa avremmo fatto? Saremmo stati chiusi nelle case, al buio, e poi saremmo passati dal buio delle case al buio della chiesa.”

Aniello e Amalia sono due giovani di paese, lui analfabeta, lei appena in grado di leggere e scrivere, che fiutano il cambiamento in atto; l’Illuminismo, in qualche modo, entra nelle loro esistenze modeste.


Il cambiamento nel Regno di Napoli parte dal mare; nel 1734 Carlo di Borbone sale sul trono di un territorio con potenzialità enormi ma in condizioni di estrema arretratezza; il commercio e le manifatture languono. Il Regno di Napoli possiede una parte cospicua delle coste mediterranee, si trova di fronte alla Porta d’Oriente ma non sfrutta queste risorse.

Il ministro Tanucci, l’ammiraglio Acton danno impulso alla marineria costruendo porti e relative infrastrutture; promuovono la nascita della flotta mercantile attraverso la concessione di benefici; potenziano la flotta militare, che deve proteggere dalla pirateria il naviglio mercantile; stipulano accordi diplomatici. La costruzione, la conduzione, la manutenzione delle navi necessitano di personale esperto; si pone, prioritariamente, il problema della formazione degli equipaggi e delle maestranze. Carlo di Borbone affronta il problema nelle prammatiche  intitolate De officio Nautis et Portibus.

Ne L’Osservatore di Napoli del1854 si legge: “Poiché l’incremento della marina commerciale dipende specialmente dal personale impiegato nella navigazione, trovansi dal governo fondate quattro scuole nautiche gratuite in luoghi che naturalmente somministrano, per la loro posizione, svelti, arditi ed esperti marinari.”
Dunque, scuole nautiche gratuite, tra cui spicca quella di Procida; il ministro Santangelo scrive nel 1834: “Un’altra simile scuola è stata col Sovrano Rescritto del 21 Marzo 1832 eretta nel Comune di Procida i cui abitatori, oltre ogni credere arditi e volontierosi a spingersi al di là de’ mari, si distinguono per la frequenza de’loro traffichi in remotissime contrade. Trovasi già annessa a questa scuola una biblioteca provveduta di opere attinenti alle cose navigatorie; e quanto prima vi si aggiungerà un cantiere di cui è stata pur autorizzata la costruzione…”.


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