Cesare Rossi nasce a Pescia nel 1887. Partecipa alla formazione dei Fasci di Combattimento e alla marcia su Roma; occupa posizioni di rilievo nel primo governo Mussolini (è capo dell’ufficio stampa) e nel partito nazionale fascista (è vice presidente del PNF e membro del Gran Consiglio); è uno dei più stretti collaboratori di Mussolini.
Nel 1924 Rossi è accusato di aver preso parte al delitto Matteotti; respinge l’accusa e scrive un memoriale nel quale attribuisce la responsabilità del delitto a Mussolini.
Prosciolto, nel 1926 espatria in Francia; nel 1928 è attirato con un tranello a Campione d’Italia, arrestato per attività antifascista all’estero e condannato a trent’anni di prigione; ne sconta undici. Nel 1939 è nel carcere di Nisida, dove fruisce di un trattamento speciale: esce con gli ufficiali e con le loro mogli, dichiara di essere prossimo alla riabilitazione.
Nel 1940 è trasferito al carcere di Procida e, dopo qualche settimana, è inviato al confino a Ponza. Mussolini dispone che Rossi riceva un contributo ordinario di cinquemila lire ogni tre o quattro mesi e contributi straordinari, dello stesso importo, su richiesta (a titolo di confronto: la quota giornaliera che i confinati ricevono è di sei lire).
Da Ponza, Cesare Rossi intrattiene una fitta corrispondenza; scrive in primo luogo alla fidanzata Margherita Durand, che sposa nel 1942 a Firenze, fruendo di una breve licenza matrimoniale, e che condurrà a Ponza; scrive al capo della Polizia, Senise; scrive al duce, con tono ossequioso e cameratesco, in genere per richiedere lo stanziamento di ulteriori contributi economici.
Il direttore del campo di concentramento di Ponza segnala che Rossi millanta di essere in rapporti confidenziali con le maggiori personalità del regime e dello Stato, di avere rapporti di amicizia, persino di fratellanza, con il duce; per tale motivo è rispettato e anche temuto dalla popolazione e dalle autorità locali che gli si rivolgono con deferenza, usando i titoli di eccellenza e di commendatore.
Nell’autunno del ’42 Rossi riceve ed accetta la proposta di trasferimento a Sorrento.
Nel dopoguerra subisce un secondo processo per la partecipazione al delitto Matteotti; è assolto per insufficienza di prove. Riprende l’attività pubblicistica.
Muore a Roma nel 1967.
BIBLIOGRAFIA
Archivio Centrale di Stato-Casellario Politico Centrale- Buste 4436 e 4437
Commenti
Posta un commento