Mario Magri, nato ad Arezzo il 17 aprile 1897, fu maggiore di artiglieria e volontario nella guerra del 1915-1918, decorato di medaglie d’argento e di bronzo. Durante l’impresa di Fiume fu aiutante di campo di D’Annunzio.
Magri manifestò la sua opposizione al fascismo dopo il delitto Matteotti; ormai inviso al regime, si rifugiò in Marocco dove partecipò alla guerra di liberazione nazionale. Al ritorno in Italia confidò a un amico, rivelatosi poi una spia, la volontà di uccidere Mussolini. Un processo a un eroe di guerra, pluridecorato, avrebbe messo in imbarazzo il regime e, in particolare, D'Annunzio, che aveva fornito al suo ex aiutante di campo garanzie per indurlo a rientrare dal Marocco; Magri fu perciò inviato al confino e vi rimase per diciassette anni, dal 1926 al 1943, sebbene le leggi prevedessero una durata massima della pena di cinque anni.
Dopo due anni dall’inizio del confino, Magri tentò una rocambolesca fuga da Lipari insieme al compagno Giovanni Domeschi, travestiti rispettivamente da donna e da prete. I due vennero catturati e riportati a Lipari. Magri fu poi mandato a Ponza; vi restò fino al 1939, salvo brevi trasferimenti al altre colonie confinarie.
Appassionato di lotta greco-romana, ironico, audace, carismatico, godeva di grande prestigio tra i confinati; di lui scrisse Umberto Terracini: "Spirava da tutta la sua persona un senso di forza serena ma indomabile. E, quando lo vedevo scendere e salire le stradine aspre dell'isola col capo alto, con il suo passo sempre uguale, saldo, ritmico, mi dava la sensazione di tanta certezza, di un così tranquillo dominio delle cose attorno, che io stesso ne traevo per me nuova fiducia. Era come se dicesse: sono qui perchè per ora non voglio andarmene."
Magri aveva fama di dongiovanni; Tita Fusco, moglie di un confinato, così descrive l’arrivo di Magri: “Tutti i confinati gli si fecero intorno e, come usavano fare sempre, vollero sapere tutto di lui. Il capitano raccontò ciò che voleva far sapere e non di più, ma accennò, un po’ seriamente e un po’ sorridendo sotto i baffi, alle sette spose, di cui sentiva la mancanza…Gli altri si divertirono un mondo e lo incitarono a mandare una petizione al ministero dell’Interno perché gli permettesse di tenere con sé la sua sposa-gruppo. Tutti si davano di gomito e si sganasciavano dalle risate al pensiero di Mussolini, che si sarebbe trovato di fronte una richiesta di tal genere…”.
Mario Magri si legò alla giovane ponzese Rita Parisi, che sposò nonostante l'opposizione dei parenti di lei.
BIBLIOGRAFIA
Magri M. Una vita per la libertà, Puglielli, Roma
Archivio Centrale di Stato-Casellario Politico Centrale- Busta 2935
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