I Cameroni-letture

 Giorgio Amendola- Brani tratti da Un’isola (romanzo)

I confinati erano divisi in due categorie: i politici, alloggiati in un camerone, e i “manciuriani”, persone inviate al confino per motivi vari, spesso per manifestazioni individuali di spirito antifascista, schiamazzi, turbolenze, grida contro il duce in stato di ubriachezza. Erano alloggiati in un altro camerone, chiamato appunto “Manciuria”, e tenuti in disparte dai comunisti e dagli altri pochi confinati politici, specialmente anarchici, per motivi di vigilanza ma anche per un certo orgoglio di partito. L’organizzazione comunista era fondata su una ricca base materiale, la mensa collettiva, lo spaccio cooperativo, la biblioteca, persino servizi con la caffetteria, la barberia, la lavanderia. Si avvertiva la ricca esperienza vissuta nelle cooperative emiliane e toscane. Alcuni servizi, come lo spaccio, erano aperti a tutti i confinati, e perfino militi fascisti e poliziotti si rifornivano, di nascosto, presso la nostra cooperativa, la quale faceva acquisti all’ingrosso e poteva, anche per la severa amministrazione ed il lavoro volontario, vendere merce fresca a prezzi più bassi. Alla mensa, invece, potevano mangiare solo i compagni. La “mazzetta” era di cinque lire, più una lira per la moglie e mezza lira per ogni figlio. Si pagava quotidianamente, per la mensa, tre lire e cinquanta. I due pasti erano ben cucinati, abbondanti con carne ogni giorno. Ai compagni restava una lira e cinquanta per la prima colazione, il caffè ed altre piccole spese. Molti ricevevano sussidi da casa. Sulle somme ricevute l’organizzazione prelevava una tassa del 10% per alimentare un fondo comune di assistenza e solidarietà.







 

Camilla Ravera- brani tratti dai Diari

Gli antifascisti confinati a Ponza, in quei dieci anni trascorsi dall’inizio del confino politico, si eran dati un’organizzazione che funzionava con autodisciplina e solidarietà. L’organizzazione dei confinati, senza arrivare a un livellamento assoluto, provvedeva a formare un fondo collettivo per aiutare i confinati che non ricevessero aiuti dalle famiglie o fossero malati o trasferiti in carcere. S’erano formate mense collettive, che acquistavano i prodotti alimentari all’ingrosso, direttamente dai produttori, utilizzavano il lavoro volontario dei confinati, e mantenevano una mensa per i malati e per coloro a cui fosse ordinato un regime alimentare particolare. Il tempo era utilmente e ordinatamente occupato dai compagni. Si facevano corsi di istruzione, corsi speciali su particolari materie, gruppi di lettura per lo studio più approfondito della storia del movimento operaio, della situazione e dei problemi di determinate zone o regioni dell’Italia e di altri paesi. Infine si facevano conversazioni politiche sulle questioni nazionali e internazionali del momento, soprattutto in base alla stampa clandestina e ai documenti ricevuti dal partito. A Ponza s’era creata una biblioteca con i libri che di mano in mano si ricevevano e si lasciavano nel partire e con quelli acquistati mediante un fondo comune costituito a tale scopo. La biblioteca aveva un reparto clandestino, comprendente opere giunte ai compagni clandestinamente o sfuggite, specialmente all’inizio del confino, al controllo: opere di Marx, Engels, Lenin, Labriola, Plechanov, Rosa Luxemburg, Stalin, Bucharin, Dimitrov, variamente dissimulate e conservate. L’Unità e Stato Operaio arrivavano con modi e mezzi molteplici, in piccolo formato, su carta riso. Venivano riassunti in quaderni, variamente mascherati, che circolavano fra i compagni. La stampa quotidiana e periodica era permessa: arrivavano, come la posta, con la nave.

Mario Magri- dai Diari
A Ponza i militi erano i padroni indisturbati. I carabinieri e gli agenti chiudevano tutti e due gli occhi per non vedere. Gli arbitrii e gli atti di violenza commessi in quell’epoca sono innumerevoli. Non si era mai sicuri di non essere arrestati e di non finire in infermeria con le ossa rotte. Tutti i muri del paese erano pieni di scritte minacciose e oscene. I militi, quasi sempre abbigliati mezzo in borghese e mezzo in divisa, armati di scudiscio, scorrazzavano nel paese bevendo, cantando, lasciando debiti in tutti i negozi, bastonando e arrestando i confinati senza la minima ragione. Avevano persino creato tra loro una piccola associazione a delinquere per svaligiare le case degli isolani.


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