Il fascio littorio in località Guarini
Il confino fu istituito nel 1863 come “mezzo eccezionale e temporaneo di difesa”: il Regno d’Italia, nato due anni prima, se ne servì per contrastare il brigantaggio. Durante il ventennio fascista il confino fu inserito tra i provvedimenti di pubblica sicurezza (il testo unico è del 1926) e fu impiegato su larga scala: si contarono 262 sedi di confino e quasi dodicimila confinati.
Il confino fu uno degli strumenti che lo Stato utilizzò per isolare e controllare gli individui ritenuti pericolosi o fastidiosi: oppositori politici (antifascisti o fascisti), omosessuali, minoranze etniche (rom) o religiose (testimoni di Geova), singoli cittadini sospettati di aver commesso reati che sarebbe stato difficile provare in sede di processo (ad esempio le persone sospettate di pratiche abortive).
Le persone colpite da condanna al confino erano trasferite in un luogo isolato, lontano da quello di residenza. La legge istitutiva del confino prevedeva che la pena avesse durata massima di cinque anni non rinnovabili, tuttavia numerosi furono i casi di riassegnazione.
Al confinato era assegnata una carta di permanenza che conteneva le regole a cui egli doveva attenersi.Ponza era località tutt’altro che spopolata e depressa, in quegli anni; inizialmente fu stabilito che i confinati politici dovessero essere deportati nelle colonie africane ma la soluzione risultò troppo costosa. Ponza fu scelta quale colonia confinaria per la presenza di strutture immediatamente utilizzabili (il carcere, i cameroni). Fu colonia confinaria dal 1928 al 1939; alla chiusura, i confinati furono trasferiti a Ventotene. Ponza ospitò esclusivamente confinati politici; nel 1942 furono internati sull’isola greci, albanesi, slavi. Tra il 1940 e il 1943 giunsero quattro confinati; anche Benito Mussolini, dopo la destituzione, trascorse sull’isola una decina di giorni.







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