Cesare Rossi- Lettera
Sarebbe opportuno rinnovare la richiesta di disposizioni definitive e precise sul regime finanziario cui sarò sottoposto, per quanto il cospicuo e generoso sussidio del Duce a mio favore abbia reso meno urgente tale sistemazione.
Marguerite Durand (moglie di Cesare Rossi)- Lettera
Aggiunga che l’ambiente non è proprio quello nostro; gente buona in fondo ma rozza, pettegola, fiacca: è assolutamente impossibile che noi – specie quando, a fine agosto, ricominceranno i venti impetuosi – si rimanga qua. La casa – ed è una delle migliori – è costruita con finestre e porte tutte d’infilata; quindi correnti micidialissime, alle quali non si può rimediare. La mamma, tanto delicata dei bronchi e dei polmoni, rischierebbe di morirvi. In quanto a me che – come ricorderete – soffro di crisi d’appendicite, qui sarei nell’impossibilità di farmi curare perché non esiste il menomo ospedale, né pronto soccorso o qualsiasi chirurgo, e se si deve attendere il piroscafo che viene – quando il tempo è bello – ogni tre giorni, l’intervento chirurgico non giungerebbe in tempo (…)
Non sarebbe possibile ottenere un cambiamento di residenza scegliendo un paese più cristiano per noi?
Sotto casa mia, nella Padura, c'era una mensa dei confinati, la più grande, e io ne ero la mascotte. Mi invitavano spesso a pranzo, mi regalavano soldini e caramelle, per il Primo Maggio le compagne mi cucirono un bel bolerino. La mensa era molto grande, organizzatissima; c'era un angolo per l'uccisione del maiale, c'era un orto che cresceva rigoglioso grazie alla presenza di due fonti d'acqua: un pozzo e una cisterna romana.

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