TESTIMONI: TERESA FABBRI

 

Teresa Fabbri ( 1937-2021)

- Teresa, facciamo finta di non conoscerci. Ti chiedo data e luogo di nascita.
-
Sono nata a Foggia nel gennaio del 1937. Mio padre Carlo, confinato, era stato trasferito da Ponza alle Tremiti; mia madre Giuseppina Bosso aveva ottenuto, dopo molte insistenze, il permesso di raggiungerlo. Dopo qualche mese mia madre e io tornammo a Ponza; mio padre fu poi trasferito a Ventotene.

- Tu e tua madre lo raggiungeste a Ventotene?
- No, continuammo a vivere nella casa dei nonni, sulla Dragonara. Mia madre era sarta. Andammo a trascorrere un Natale a Ventotene, furono giorni di festa, finalmente tutti insieme. Un agente di Pubblica Sicurezza, nostro parente perchè aveva sposato una cugina di mamma, ci anticipò che papà stava per essere liberato e che saremmo potuti tornare a Ponza. Fu una bellissima notizia, mamma preparò i bagagli con entusiasmo, però ...
-Però?
- Vedi, ancora oggi non riesco a parlarne senza piangere. Il piroscafo non attraccava al porto, i passeggeri dovevano raggiungerlo con una barca; all'ultimo momento ci separarono, mia madre e io salimmo sulla barca insieme agli altri passeggeri, papà arrivò dopo, ammanettato, circondato dalle guardie. Ne ebbi un grande spavento, era la prima volta che lo vedevo in quello stato.

Carlo Fabbri e Giuseppina Bosso

- Dunque tornaste a Ponza, riprendeste una vita normale.
- Mio padre si dedicò all'agricoltura, coltivava i terreni dei nonni sulla Guardia, allevava qualche capra; mamma aveva una bella clientela. Vivevamo in armonia, in una bella famiglia numerosa e affettuosa.  Nell'estate del '43 mia madre era di nuovo incinta; alla caduta del fascismo, mio padre decise di partire per aderire alla Resistenza.
- Partiste da Ponza in giorni in cui i collegamenti erano estremamente precari, a luglio era stato affondato il Santa Lucia. 
- Partii io per prima, accompagnata da zia Candida, la sorella di mamma. Raggiungemmo Intra, il paese di mio padre, e fummo ospitate dagli zii. I miei partirono da Ponza qualche giorno dopo, con il gozzo del Pittore (Silverio Di Fazio); il gozzo urtò un cavo, esplose una mina. Sul gozzo si diffuse il panico, il capitano era terrorizzato, toccò a zio Almerigo Bosso prendere in mano il timone e condurre la barca in porto. Zio Almerigo era partito insieme alla figlia Concetta, erano diretti a La Spezia; in quell'occasione fece tesoro della sua esperienza di timoniere di Marina. Mia madre finì in mare e vi restò a lungo; sarebbe morta di lì a poco, per i postumi di una broncopolmonite.

- Tuo padre aderì alla Resistenza.
- Sì; entrò in clandestinità, divenne comandante di una brigata partigiana, aderì alla Repubblica d'Ossola. 
- Tu vivevi con gli zii paterni?
- I miei zii Igino e Margherita mi avevano accolta amorevolmente; lui era un membro del CLN. Temevano che i fascisti potessero usarmi come ostaggio per stanare mio padre; si stabilì che io fossi condotta in Svizzera e messa al sicuro in un collegio. Mia zia aveva già preparato il corredo, tutto era pronto per la mia partenza ma la persona che avrebbe dovuto prendermi in consegna seppe che il viaggio non sarebbe stato sicuro. Subito dopo arrivò la notizia della morte di mio padre.
- Quando e dove?
- A Cannobbio, il 9 settembre del 1944. Mio padre e i suoi furono circondati, riuscirono a distruggere i documenti poi lui, in un ultimo disperato tentativo di difendere i compagni, si mise due bombe nelle tasche, salì sul tetto e si lanciò sui repubblichini. 

Vincenzo Bosso, zio di Teresa

- Tu rimanesti con gli zii paterni.
- Avrei avuto diritto al mantenimento da parte dello Stato ma zio Igino rifiutò, disse che avrebbe provveduto a me così come provvedeva ai suoi figli. Ogni estate tornavo a Ponza, da zio Vincenzo e da zia Candida. E continuerò a tornarci.
Carlo Fabbri è figlio di un fratello di Luigi, figura di primo piano del movimento anarchico, confinato a Ponza nel 1898. 
Carlo è tipografo e pubblicista; inizialmente anarchico, entra poi nel Partito Comunista seguendo un iter comune a molti antifascisti, che vedono in quel partito l'unica organizzazione in grado di opporsi al regime.
Carlo è arrestato perchè seguace di Michele Veglia, pugliese, militante comunista a Milano; lo incontrerà nuovamente a Ponza, dove arriva nel 1933, condannato a cinque anni di confino.
Dal 1933 al '43 Carlo alterna confino e carcere; a Ponza conosce Giuseppina Bosso; nonostante le intimidazioni a cui le autorità fasciste sottopongono la ragazza e i suoi familiari, nel 1936 si sposano.
Il matrimonio è considerato dalle autorità un incoraggiamento alle unioni tra confinati e ragazze dell'isola; occorre dare un segnale, perciò Carlo è trasferito immediatamente alle Tremiti e alla moglie, incinta, viene negato il permesso di raggiungerlo.
Nel 1940 è in carcere a Foggia, per "manifestazione sediziosa avverso la prescrizione del saluto romano". L'obbligo di "salutare romanamente" fu largamente disatteso alle Tremiti, soprattutto dagli anarchici, generò rivolte e condusse alla sostituzione del direttore della colonia. Mussolini mise fine ai disordini vietando ai confinati il saluto fascista "perchè indegni di tanto onore".



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