TESTIMONI: ROSA GALANO


 

Rosa e Maria Galano

-Genove', buongiorno.
-Buongiorno, Rita. Riguardo alla domanda che mi hai fatto ieri, devi  parlarne con Maria e Rosa Galano.
-Genove', ma non le conosco ....
-Va', bussa e ti presenti, dici a chi appartieni.
Genoveffa è un motore di ricerca (sul confino) con i suoi tempi; talvolta ascolta le mie domande e non dà risposta; la mattina dopo, quando entro nel suo tabacchino per darle il buongiorno, mi comunica il piano di lavoro.

Vado (sui Galano, appena dopo l'incrocio con via Nuova), non busso perchè la porta è aperta e sull'uscio c'è una bella signora dai capelli candidi, chiedo delle sorelle Galano.
- Mia sorella Maria è uscita per commissioni.
La bella signora pensa che io sia una delle pazienti della sorella, una delle tante persone che arrivano qui con gli occhi arrossati e doloranti e si affidano alle mani miracolose di Maria; ma non di miracoli si tratta bensì di sapienza, di apprendimenti lunghi sotto la guida di esperti - nel caso di Maria Galano, la nonna paterna Rusìna-, di attenzione al paziente, di manualità, di una pratica esercitata nel corso dell'intera vita, p'ammore d'a Madonna e senza alcuna ricompensa. Me lo hanno spiegato Marietta 'a Gaetana, da cui fui portata all'età di cinque anni per un problema dermatologico, e tutte le altre acconciaosse a cui sono ricorsa nel tempo; una di loro mi raccontò che si era esercitata per anni e anni sullo scheletro di un soldato, durante la guerra, sotto la supervisione della nonna, e si rammaricava di non poter trasferire la sua sapienza perchè nessuno, oggi, sarebbe disponibile a un così lungo apprendistato.
Spiego alla bella signora che non ho bisogno dell'oculista, Genoveffa D'Atri mi ha detto di rivolgermi alle sorelle Galano per avere notizie sul confino; ah, già, devo dire la parola d'ordine, "appartengo a..." sennò le porte non si aprono, le bocche non parlano, si limitano a un cortese sorriso. "Appartengo a ..." equivale a "la storia che mi racconterai è la mia storia",
"Mio padre era di questa zona, si chiamava Ciccillo", dico.
"Ciccillo? Ciccillo di Esterina?". Confermo; la bella signora scoppia a piangere, mi abbraccia, mi conduce in casa. "Tua nonna Esterina aveva la bottega proprio qui di fronte; era una gran paurosa, quando il marito era in servizio sul faro della Guardia mi chiedeva di dormire a casa sua. Io dividevo il letto con tuo padre e con i fratelli Mario e Amalia ma, mentre i più piccoli mi si stringevano addosso durante la notte, tuo padre si rannicchiava sul bordo del letto. Avevo sedici anni."
"Lo posso capire, Rosa. Siete così bella adesso, immagino come eravate a sedici anni e come un ragazzino potesse sentirsi turbato."


Maria Galano fotografata dal nipote Salvo

Rosa ha imparato a cucire dalla moglie di un confinato che abitava di fronte; siamo lungo la via del Confino, nella casa di fronte alloggiavano confinati e c'era una mensa. La stanza in cui adesso chiacchieriamo è stata il laboratorio da sarta di Rosa, affollato di signorinelle che facevano pratica. All'esterno arrivavano le risate, i canti di quelle ragazze operose; i confinati che transitavano lungo la stradina ascoltavano, sostavano, sognavano. 
Rosa sorride: "Un giorno, la porta era aperta come al solito, uno dall'esterno lancia qualcosa, rasoterra. Una delle ragazze si precipita a raccogliere: è un osso di seppia, intorno è avvolto un biglietto. Entra mia madre, a cui non sfugge nulla; ordina che le sia consegnato il corpo del reato , srotola il foglietto avvolto intorno all'osso di seppia, legge attentamente: Rosa, io t'amo. Se anche tu m'ami come io t'amo, dammi risposta. Mia madre è indignata: come si permette uno sconosciuto di lanciare simili messaggi in casa sua? Non sa che è vietato avere a che fare con i confinati? Vuole forse mettere nei guai la sua famiglia? Mia madre riavvolge il foglietto intorno all'osso di seppia, si china, studia la traiettoria, lancia rasoterra verso la strada: Eccola qua, la risposta! scandisce a voce alta, affinché chi è nei paraggi senta e mai più riprovi."
Anche Pertini è stato un ammiratore di Rosa.

Rosa, Vera e Rita

Una decina d'anni dopo, nell'estate del 2019, passo davanti alla casa di Rosa; Maria non c'è più da qualche anno, Rosa è seduta in poltrona, bella e radiosa come l'ho conosciuta dieci anni fa ma, a differenza di allora, non parla più. Con sua figlia Vera la conversazione si avvia subito, anche se ci incontriamo per la prima volta; chiacchieriamo a lungo, Rosa è impassibile, ha centodue anni e la pelle di una camelia appena sbocciata. Racconto a Vera del primo incontro con sua madre; Rosa, decisa, mi afferra una mano e se la tiene sul cuore. 


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