Antonio De Luca









Antonio De Luca con il padre, in una foto di qualche anno fa
 

Per poter vivere intensamente Ponza e il Fieno, Antonio De Luca ha bisogno di respirare aria di Tangeri e di Lisbona. E viceversa.

A Kavafis che scrive ”Itaca ti ha dato il bel viaggio”, Antonio ribatte che il bel viaggio restituisce Itaca. Sono l’ipotesi e la tesi, sono i vasi comunicanti che alternativamente si svuotano e si riempiono, sono i poli tra i quali si scandisce l’esistenza di Antonio, inquieto Ulisse contemporaneo.
Itaca spinge a partire - talvolta con spinte affettuose, talvolta con calci energici- , il viaggio innesca il nostos.


Quando è a Ponza, Antonio scrive messaggi disperati sui muri delle sue case, come un carcerato. Venite a prendermi, sembra voler dire a Pessoa e a Matvejevic, sono un poeta, sono uno dei vostri; non vivo sui social e non mi candido a sindaco, dunque non appartengo a questa terra.
Da Tangeri inoltra messaggi e foto agli amici che suonano come: venite a riprendermi, non vorrete mica che faccia la fine di un esule raffinato che bivacca tutto il giorno tra caffè della medina e tè nel deserto? Ho terra da zappare, tralci da potare, viti da insolfare, io!
Antonio è tornato da Tangeri qualche giorno fa.


La Librairie des Colonnes di Tangeri


Rita: Antonio, parlaci di Tangeri.

Antonio: Amo questa città dove gli uomini mischiano i vocaboli delle loro tre lingue; il primitivismo mi dà forza e mi conduce alla salvezza. Tangeri è culturalmente raffinata, mi ha sempre affascinato la via di fuga di quelli che nella cultura americana vedevano la sentina del male come Paul Bowles. 

Ma anche Pasolini, Visconti e i francesi avevano una via di fuga in Marocco....

E poi io amo le città alla deriva, come diceva Roland Barthes. Città ancora vive con un grande passato, città senza esigenze promozionali, città intime, pigre e sfaccendate, senza lusso, dove la dissolutezza non la si prende sul serio. Tangeri è città alla deriva, Tangeri mi dà una rinascita poetica permanente.



R: Sei un bravissimo fotografo. Mostraci Tangeri con qualche immagine.

A: Piove, le strade sono bagnate ma le ragazze non portano calze, indossano solo le babousch. Ritornato il sole, la città risplende in tutta la sua magnificenza.

I bambini giocano con un pallone in un vento che è un terzo giocatore, la pioggerellina tiene umidi i loro corpi come se stessero a giocare ancora nell’utero materno.
La Medina nella sua strettezza di vicoli è passaggi nascosti di portoni semichiusi su altri vicoli, come un altro mondo, sono il parco giochi dei bambini che si rincorrono o giocano a nascondersi. Questa è la loro foresta primitiva.


Antonio all'interno della Librairie des Colonnes, dove i suoi libri sono in vendita


R: Ancora qualche immagine: torni a Ponza, sbarchi dal traghetto; cosa vedi? I tuoi occhi cosa cercano?

A: Sbarco a Ponza isola, i miei occhi non vedono non vogliono vedere, non ho niente da vedere. Il corpo non vive, si rifiuta di appartenere. Mi fa orrore il degrado dilagante, sociale  morale e culturale. Mi faccio irreale finché posso, ma io sono irreale, vivo in una irrealtà…

 Fondamentale ho radici in una poesia surrealista e dai surrealisti ho una eredità consistente, culturale politica estetica....Ponza consiste solamente nella memoria... 


R: Solo memoria? Non è forse la capacità di cogliere la dimensione più profonda, depurata dalle tante, piccole brutture che costellano la quotidianità di ogni luogo?
A: Ponza incarna il concetto di Isola, non è Ponza assoluta, è l’isola assoluta, io amo l’isola in quanto concetto estremo di libertà e anarchia. 



R: Hai mai pensato di stabilirti lontano da Ponza?

A: Tangeri ha ora una dimensione umana in cui sto bene e ci vivrei... Come nella Lisbona prima che entrasse in Europa e prima che perdesse la sua identità.... L’ umanità tangerina è sana e istruita ed è erede di un passato glorioso... Questa ora di attuale decadenza è un libro tra le cui pagine io vivo... Fino a quando durerà..... La cultura islamica rimane anche una barriera al degrado morale dell’Occidente americanizzato. 

A Capri, davanti al monumento a Lenin, con Eduard Limonov e Riccardo Esposito, il libraio-editore de La Conchiglia

 

R: Come sei arrivato a Tangeri?

A: A Tangeri, come in altre città, sono arrivato per motivi letterari: a Istanbul per Pamuk, a Lisbona per Pessoa, a Siviglia per Lorca, a Marsiglia per Izzo, a Dublino per i poeti irlandesi, ad Atene per Elytis, Seferis e la poesia del Novecento.A Tangeri arrivai perchè affascinato da Paul Bowles e dalle sue vicende, dalla rottura totale con la cultura americana. Per Bowles, Tangeri era il posto meno intaccato dagli aspetti negativi della civiltà occidentale. A Tangeri, poi, la vita costa poco e non c’è niente da vedere per il turista. Anche Tahar Ben Jelloun mi ha trascinato a Tangeri, la sua adolescenza in città era simile alla mia a Napoli o nei porti dove sono stato con papà. Lui scrive che Tangeri e Napoli hanno tanto in comune. Arrivai a Tangeri nel 2005, dopo la lettura del libro Pane Nudo di Schoukri; ero a Barcellona, raggiunsi Tangeri in autobus, insieme a emigranti che tornavano da Marsiglia o dalle città andaluse.


Antonio con Predrag Matvejevic, autore di Breviario Mediterraneo

 

R: Hai conosciuto persone, oltre che luoghi.
A: A Buenos Aires scoprii Ernesto Sabato e lo incontrai, già conoscevo Borges e ne ero entusiasta, vivevo nei luoghi della sua poesia. Ma a Buenos Aires arrivai per amore, la scoperta di quei poeti fu successiva.

 

Calciatori: Antonio è il primo a destra, con i baffi

 

R: Facciamo un esperimento mentale alla Einstein. Antonio ventenne vede se stesso quarant’anni dopo; dove lo vede?
A: Oggi non mi vedo in Italia. Girovago tra le città letterarie che mi fanno vivere, Tangeri ed Essaouira sopra tutte.

 

R: E Antonio di oggi, dove vede il ragazzo che è stato, quaranta e più anni fa?

A: Potessi tornare indietro, certamente non rimarrei tanto a lungo in Italia. Non avrei mai immaginato fino a qual punto si potesse sprofondare. Pasolini ci aveva avvisato…

 

Alesio 'u Mammone in una foto di Antonio De Luca

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