Il confino politico: linee generali

di Marco Fragale 



Furono in tanti gli italiani che dissero no a Mussolini, sorvegliati e confinati durante il fascismo. Erano uomini in qualche modo “eroici”. Avevano subìto impavidi il condizionamento totale della loro vita, dei loro movimenti, oltre che della libertà di opinione, per mantenere intatto il loro antico ideale politico. Avevano vissuto vent’anni perennemente sorvegliati. Erano nella maggior parte dei casi vecchi socialisti, ma anche comunisti, anarchici e indipendenti. 

 SORVEGLIATI ANTIFASCISTI NELLE MADONIE 
 In Sicilia, ad esempio, nelle Madonie, si riscontra un buon numero di “resistenti”. Con 40 sorvegliati il centro maggiore dell’antifascismo era Cefalù, dove gli avversari del Regime si radunavano nel modesto salone di barbiere di Pasqualino Portera, che teneva una foto formato cartolina di Giacomo Matteotti dietro un’immagine sacra, ricevendone «la lucciola perpetua». Luoghi di incontro degli antifascisti erano anche i locali del palazzo vescovile adibiti a sede della gioventù di Azione cattolica, nonché la casa del libraio Francesco Paolo Miceli. Nella cittadina normanna vi era dunque una larga tradizione libertaria, oltre che cattolica e marxista, di notevole rilievo (D. PORTERA, Sicilia antifascista, Lorenzo Misuraca Editore, Cefalù 1976, pp. 30–31). L’altro centro dell’antifascismo madonita era Castelbuono con 16 sorvegliati. Seguivano Gratteri e Polizzi Generosa con 11, Pollina con 8, Alimena e Geraci Siculo con 7, Collesano e Petralia Soprana con 5, Petralia Sottana con 4, Isnello e Valledolmo con 3, Campofelice di Roccella (Calogero Lalumia, contadino socialista residente a Campofelice di Fitalia; Vincenzo Sanfilippo, possidente antifascista denunciato per offese al capo del Governo), Castellana Sicula e Gangi con 2, Bompietro, Lascari, San Mauro Castelverde e Sclafani Bagni con 1 (cfr. Gli uomini che dissero no a Mussolini. Sorvegliati e confinati madoniti durante il fascismo di Giuseppe Spallino in Arte e storia delle Madonie, Studi per Nico Marino V. III a cura di G. Marino, M. Failla, G. Fazio – Ass. cult. Nico Marino pp. 187-197). 

 CONFINATI POLITICI TRA PONZA E VENTOTENE
 Il confino fu uno degli strumenti che lo Stato utilizzò per isolare e controllare individui ritenuti pericolosi o fastidiosi: oppositori politici, omosessuali, minoranze etniche o religiose, singoli cittadini sospettati di aver commesso reati che sarebbe stato difficile provare in sede processuale (ad esempio le persone sospettate di pratiche abortive). I più pericolosi (comunisti, anarchici e quelli ritenuti capaci di organizzare evasioni o attentati) venivano mandati nelle isole mentre gli altri venivano confinati in paesini della terraferma (cfr. C. Ghini, A. Dal Ponti, Gli antifascisti al confino, Storie di uomini e donne contro la dittatura 1926-1943, PGreco edizioni, Milano, 2013; C. Poesio, Il confino fascista. L’arma silenziosa del regime, Editori Laterza, Bari, 2011). Il ricordo degli anni di confino a Ponza e a Ventotene, ad esempio, ricorre nelle autobiografie dei più celebri antifascisti italiani. Tra il 1928 e il 1943 le due isole pontine ospitarono il gotha dell’opposizione al regime fascista: da Sandro Pertini a Luigi Longo, da Giuseppe Di Vittorio a Camilla Ravera. E ancora Giorgio Amendola, Riccardo Bauer, Pietro Secchia, Girolamo Li Causi, sino ad Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni che, proprio qui, nel 1941 scrissero il Manifesto per un’Europa Libera e Unita, meglio conosciuto come “Manifesto di Ventotene” (cfr. Ponza e Ventotene. Gli antifascisti relegati nelle isole gabbia, in marioavagliano.it). Da una ricerca in archivi pubblici e privati e inchieste alle famiglie degli antifascisti condotte dal saggista Riccardo Navone, emerge che le due isole ospitarono numerosi antifascisti rimasti sconosciuti al grande pubblico e alla storiografia e che meritano di essere riscoperti. A Ponza, che assieme a Lipari fu la prima colonia di confino politico istituita dal regime mussoliniano, i primi antifascisti giunsero già nel 1928. Dal 1928 al 1943 l’isola ospitò circa 1500 confinati e centinaia di internati (cfr. (cfr. ponzaracconta.it). Come spiega Navone, a Ponza vi transitò la prima generazione di oppositori: quella dei politici dei partiti sciolti dalle leggi speciali fasciste, come Giorgio Amendola. A Ventotene, invece, sbarcò a partire dall’estate del 1932 la seconda generazione di antifascisti, “quella che sognava la rivoluzione che avrebbe cacciato il fascismo” (cfr. F. Gargiulo, intitolato Ventotene, isola di confino. Confinati politici e isolani sotto le leggi speciali 1926–1943).

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