"Quanno fernesce 'a guerra?" è il leitmotiv della commedia che va in scena a Roma, al teatro Cometa Off, da martedì 28 ottobre a domenica 2 novembre. Nell'estate del 1943 null'altro interessa al popolo stremato dalla guerra, dalla fame, dai lutti.
Per Michele e Alberto la guerra non si conclude nel 1943. Me ne parla Pupetta, novantacinque anni di grazia, eleganza, memoria ferrea. Siamo sul balcone di casa sua, a Lacco Ameno.
Michele Schiano è nato a Lacco Ameno (Ischia) nel 1921, Alberto Calise è di Ponza, è all'incirca coetaneo di Michele. Entrambi partecipano alla Seconda Guerra Mondiale come avieri, entrambi sono esperti pescatori, entrambi sono destinati a Porto Santo Stefano, in Toscana. Lì Michele ritrova Domenico Intartaglia, procidano, che è stato rais della tonnara di Lacco Ameno e adesso dirige la tonnara di Porto Santo Stefano. Nel tempo libero Michele dà una mano in tonnara; il capitano tedesco che è al comando della polveriera lo osserva, ne apprezza l'abilità, gli affida il comando di una motobarca e di una squadra composta da sette pescatori, tra i quali c'è il ponzese Alberto Calise. Nel 1941 la polveriera è bombardata ma i pescatori si salvano.
Il fratello di Michele, sacerdote, scrive:
Nel 1943 il clima muta, dopo la firma dell'armistizio gli italiani e i tedeschi non sono più alleati ma nemici. I pescatori si sono fatti benvolere, e non solo per le spaselle di pesce che consegnano alle cucine; Pupetta spiega: "Michele era bello, alto, forte, aveva un buon carattere e amava la lirica". Una sera il comandante tedesco ordina ai pescatori di scappare perchè tra qualche ora arriverà un camion, effettuerà un rastrellamento e si dirigerà in Germania, ad un campo di concentramento.
Michele e Alberto affrontano una fuga disperata, cercando ogni riparo: sui monti, nelle grotte marine, perfino in un cimitero, dove liberano un loculo dalle ossa e si sistemano. Scappano da tutto e da tutti, evitano i soldati italiani per non essere accusati di diserzione, evitano i tedeschi per non incorrere nell'accusa di tradimento. Il fratello di Michele scrive:
In un bombardamento che durò circa un'ora, duecento tra civili e militari si rifugiarono in un ricovero sottostante un palazzo di quattro piani. Ad un tratto il grande edificio fu raso al suolo seppellendoli vivi, poichè le uscite rimasero ostruite dalle macerie. Michele invocò la Vergine della Sentinella; ad un tratto vide uno spiraglio di luce; gridando aiuto si diede a rimuovere il terriccio circostante ... e uscirono vivi solamente lui e un suo compagno dell'isola di Ponza. Tanto accadeva l'otto dicembre 1943 alle ore nove.
Trascorrono un paio d'anni, alcune famiglie piangono i figli morti in guerra, altre hanno riabbracciato i reduci. La mamma di Michele piange il figlio di cui non ha più avuto notizie, fa celebrare messe in suffragio della sua anima. Un giorno un compaesano arriva correndo alla sua casa, si ferma alla base delle scale, urla "Donna Marì, Michele è vivo, l'ho incontrato a Napoli". Maria sviene. Dopo poco Michele arriva a Lacco; con lui c'è Alberto che dopo alcuni giorni trova il modo per raggiungere Ponza. I due amici mantengono i contatti per un po', si scambiano qualche lettera ma se la cavano meglio con reti e ami che con carta e penna. Si incontrano per caso alla stazione di Napoli, Alberto sta per andare a Genova.
Più volte lei e Michele progettarono di fare un salto a Ponza ma avevano pochi elementi per trovare Alberto, sarebbe stato come cercare l'ago nel pagliaio.
Prometto a Pupetta che indagherò ma sinora non ho trovato nulla, nè la consultazione di alcuni registri all'anagrafe nè le voci messe in giro hanno dato esito.
Quando è finita la guerra per Alberto Calise? Dove? Le domande di Pupetta riceveranno risposta?





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