Francesco Bosso detto Ciccillo era nato nel 1924 a Ventotene, nella casa del faro in cui il padre prestava servizio. Dopo qualche anno il padre ottenne il trasferimento a Ponza, isola natìa, e fu assegnato al faro della Guardia.
La famiglia abitava in una casa di Salita Dragonara, nel cuore della Via del Confino. Ciccillo ne avrebbe avute di cose da raccontare sul confino e sulla guerra, invece non ha dato alcun contributo alle mie ricerche. Non era un narratore, a differenza del fratello Mario.
Gli anni della guerra erano stati particolarmente tristi per Ciccillo e per la sua famiglia a causa della morte improvvisa e prematura del padre.
Ciccillo raccontava qualcosa sul dopoguerra. Aveva raggiunto Napoli, fresco di diploma all'Istituto Nautico di Gaeta e, grazie alla conoscenza scolastica dell'inglese, aveva cominciato a lavorare per gli americani. Pragmatico, riconosceva agli americani il merito di aver liberato l'Italia. L'avevano liberata in primo luogo dai pidocchi, irrorando generosamente di ddt chiunque venisse loro a tiro: spruzzate abbondanti dentro i pantaloni, sul petto, in testa, sugli abiti.
Sino a pochi giorni fa ritenevo che Ciccillo fosse tra i pochi ponzesi vissuti nel secolo scorso che non non avevano contribuito alle mie ricerche. Poi c'è stata una riunione di parenti a Roma per assistere alla messa in scena di Quanno fernesce 'a guerra e mio fratello ha tirato fuori un racconto di Ciccillo, nostro padre.
Da sinistra: Silverio Colonna, Ciccillo Bosso, Giovanni Ramunno, Mario Bosso. 1955 circaE' il pomeriggio del 28 luglio 1943, tra poco scatterà il coprifuoco. Ciccillo sta con gli amici della foto (scattata qualche anno dopo); quasi sicuramente ci sono anche Beni Farese e Salvatore Guarnieri. Chiacchierano, fanno progetti per quanno fernesce 'a guerra. Tra poco ognuno dovrà tornare a casa: Silverio alla Punta Bianca (oggi c'è il negozio di elettrodomostici), Beni sul corso (oggi negozio Insula), gli altri saliranno le scale della Dragonara. Qualcuno li avvicina, dà un ordine perentorio: devono salire su una barca, remare vigorosamente e portare a Santa Maria il letto che è già stato caricato a bordo. Capiscono che c'è un collegamento con l'arrivo di un cacciatorpediniere avvenuto qualche ora prima, con lo sbarco di un personaggio misterioso quanto importante; i giovanotti non fanno domande e, se le facessero, non otterrebbero risposta. In paese si fanno ipotesi sull'identità del personaggio, c'è addirittura chi fa il nome di Mussolini.
Qualche tempo fa Tommasino Vitiello (Settemari) mi riferì le parole di suo zio, il parroco Dies: nella casa in cui Mussolini fu relegato mancava il letto, pertanto il parroco organizzò il trasporto di letto in legno, materasso e cuscini dal Porto a Santa Maria. Tommasino e io ci chiedemmo come mai nella casa di Santa Maria mancasse il letto, dal momento che sino a poche ore prima era stata abitata e che, in passato, aveva ospitato ras Immerù e il suo seguito. Ipotizzammo che solo una stanza della casa fu messa a disposizione di Mussolini, e che non fosse una camera da letto.
Ciccillo è morto da oltre venti anni. Lui e il suo amico Beni Farese, ormai anziani, facevano lunghe camminate tra Sant'Antonio e il molo, e chiacchieravano incessantemente. Ciccillo era sordo come tutti i vecchi direttori di macchine, Beni era afono in conseguenza di un'operazione alle corde vocali. Però conversavano e si capivano; di certo avranno rievocato lo strano incarico ricevuto nel pomeriggio del 28 luglio 1943.



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